Spesso, soprattutto in questo periodo, si sente dire che il carnevale rappresenta l’identità  del nostro paese, e spesso per rafforzare tale affermazione si tira in ballo la famigerata tradizione. Proverò a spiegare perché entrambe le affermazioni siano fuorvianti e in qualche modo pericolose.

Andiamo con ordine il carnevale di Pontecorvo è un evento che accompagna la vita dei pontecorvesi da quasi settant’anni ed è ovvio che intere generazioni lo pensino come parte integrante della loro memoria, ma questo non lo rende il fattore fondamentale nella storia del paese.

Certamente nel corso della sua esistenza l’evento si è ritagliato, all’interno del tessuto sociale e geografico provinciale, un ruolo di primo piano. In alcuni momenti il suo nome è stato anche percepito come una  realtà interessante nel panorama nazionale, ma questa condizione è svanita velocemente. Le ragioni di ciò sono varie: dimensione del paese, troppo piccolo per aspirare a mantenere un evento con caratura nazionale, lenta evoluzione della tecnica realizzativa e in ultimo, ma fondamentale, una pessima capacità organizzativa.

 

carnevale di pontecorvo, Del Carnevale di Pontecorvo e dell’identità di un paese., spazipossibili

Dirò subito che per avere un evento che porti prestigio e nel corso del tempo anche un minimo di ritorno economico occorre rivedere totalmente l’idea organizzativa e affiancare all’amministrazione un ente preposto solamente a tale evento.

Va creata una realtà autonoma e che possa, per missione, pensare al carnevale tutto l’anno; non si può più pensare di affrontare la natura complessa dell’evento con la tecnica dell’emergenza, prima o poi i paesi attorno a noi potrebbero accorgersene e scavalcarci.   

Ma torniamo  alla frase incriminata e cerchiamo di capire per potrebbe danneggiare l’evento e alla fine il paese.

Come accennato l’identità di un popolo non può essere legata ad un evento, seppur storico, ma ad una serie di fattori che nel tempo tendono al miglioramento delle qualità della vita degli abitanti del posto. Immaginate voi se Milano, una delle migliori città italiane, legasse la sua identità alla Prima della Scala, si capisce da se che qualcosa non torna; la questione sarebbe estremamente riduttiva.

L’ identità di un paese è chiaramente la somma, o sintesi, delle sue cose migliori. Qualora ci fossero.  Così per Pontecorvo, la sua storia non si può limitare agli ultimi settant’anni, non è una semplice condizione di orgoglio campanilistico, ma una banale constatazione degli accadimenti storici che ci hanno attraversato.

Basta leggere i testi, anche i più recenti scritti dai vari Prignani, Nicosia solo per citarne alcuni,  per capire quanto sia più articolata la faccenda e che dovremmo allargare il nostro orizzonte tematico di almeno mille anni. Anche perchè, con queste premesse, il giorno che per ristrettezze economiche il carnevale venisse meno rischieremmo di avere una crisi d’identità e forse non riusciremmo a capire come ristabilire il giusto equilibrio che passa tra identità  e sintesi positiva delle varie attività di un paese.

Altra condizione sfavorevole è la considerazione della tradizione come elemento propulsore per il mantenimento di un determinato evento o azione. Questa condizione è oggettivamente quella più limitante perché di fatto nega qualsiasi evoluzione, rendendo l’evento una semplice reiterazione, con la pretesa di farlo all’infinito, di vecchie pratiche, sempre più tristi. Questo approccio  ci ha consegnato un carnevale ridotto all’osso che con molta fatica prova a farsi largo nell’opinione pubblica cittadina e non solo.

Sarebbe il caso di  affrontare la questione in maniera laica e provare a svincolarla dalla tanto decantata tradizione e avviarsi verso una sana evoluzione non solo nella pratica ma soprattutto nella visione di una cittadina proiettata nel futuro    

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